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Sull’acquisto di animali

Ogni anno molte persone decidono di acquistare animali per “salvarli”.
Ogni anno molti allevatori sanno che guadagneranno di più perché, oltre alla vendita degli animali da macellare, avranno guadagno dalla vendita degli animali vivi.
Ogni anno i rifugi ricevono chiamate per accogliere animali acquistati.
Si parla di “salvataggio” o “riscatto”.
In realtà queste azioni e pratiche, se pur animate dalle migliori intenzioni, di fatto, dovrebbero definirsi con il termine di “compravendita”.

I rifugi sono contrari a questa deriva.
Alla nuova moda di acquistare animali per “salvarli”.
Perché, così facendo, inconsapevolmente, si alimenta ancora di più il mercato della carne, del latte, della lana, delle uova.
E si contribuisce alla produzione di “più vite”.

Dal punto di vista strategico, acquistare animali non ha alcun senso.
Permetteteci di dirlo.
Chiaro e tondo.
Una volta per tutte.

In quel preciso momento si attribuisce valore economico a chi si vuole “salvare”.
E in quell’attimo esatto si torna a capofitto nello specismo.
In quell’odioso pregiudizio che ognuno di noi cerca ogni giorno di abbattere e distruggere.

Per questo non entrano nei rifugi individui tramite transazione economica.
Per questa ragione, se pur ci venga continuamente chiesto, non possiamo promuovere collette o raccolte fondi per “salvare”, cioè comprare animali.
Ma solo quelle per sostenere i costi dei trasporti degli animali verso la libertà, o per le spese mediche, ma non per comprare le loro persone un tot al kg.

Comprare animali fa la differenza, ovviamente, per quel singolo o quegli specifici animali lì.
Diremmo una bugia se così non fosse.
Loro avranno la vita.
Davanti.
Che è una cosa tutt’altro che irrilevante.
Ma non possiamo sostenere il metodo per giungere a quella vita.
O ignorare i fatti.
E far finta che si tratti di qualcosa di diverso.
E’ un acquisto.

Comprendiamo sia molto difficile girarsi dall’altra parte nel momento in cui si incontrano gli occhi di qualcuno che scopriamo essere condannato a morte.
Lì subentrano l’empatia e l’emotività e non si discute.
Se conosci direttamente un individuo e intendi cambiare la sua vita.
Il suo destino.
Di quell’animale lì che hai conosciuto.
Che hai incontrato e sei anche disposto, se non ci sono altre strade, ad acquistare.

Bisognerebbe sempre e comunque cercare e proporre qualcosa di diverso, tentare altre vie.
Anche se essere disposti ad acquistare, pur di salvare la vita a qualcuno che si conosce, è comprensibile.

Ma ciò cui assistiamo in questi giorni, soprattutto in prossimità di Pasqua, è diverso.
Profondamente.
Si aprono raccolte fondi per “salvare” cioè comprare qualunque animale a caso.
Quando ci sono file di animali liberati, o posti sotto sequestro già ad un passo dalla salvezza e i rifugi, come noi, faticano ad assorbire e rispondere a tutte le emergenze.
Inoltre, il più delle volte, accade che con queste collette le persone di fatto alla fine diano soldi agli allevatori.
Poi ai trasportatori, che sempre appartengono alla filiera dell’allevamento.
E poi, pretendano che i rifugi accolgano gli animali così.
Senza neppure pensare di dover contribuire al loro mantenimento.
Il risultato di queste collette è anche sbagliato sotto questo profilo: si danno soldi agli allevatori ma non ai rifugi.
A quei rifugi che dovranno prendersi cura per tutta la vita di quegli stessi animali.
Veniamo poi al “ricatto morale”.
Quello che secondo chi lo utilizza dovrebbe stimolarci a dire sì.
Quello per cui dobbiamo accogliere qualcuno perché “altrimenti lo macellano”.
Orbene.
Questa comunicazione con noi è un paradosso.
Spero si comprenda.
Non fosse drammatica, sembrerebbe una barzelletta.
Perché a questa realtà, dello sfruttamento, dell’uccisione degli altri animali, noi ci opponiamo e ci confrontiamo ogni giorno, non solo a Pasqua e Natale.
Ci facciamo i conti tutti i giorni, ogni minuto.
Ciascun secondo.
E’ la vita e la battaglia che abbiamo scelto.
Cui dedichiamo la nostra esistenza.
I nostri sforzi.
Pianifichiamo e ragioniamo nuove strade e soluzioni.
Progetti.
Per tirare giù anche solo un frammento dell’immenso muro che rende possibile lo sfruttamento e il dominio sugli altri animali nella nostra società.
Non abbiamo bisogno di un ricatto o di una lezione morale, goffa e improvvisata, da chi si ricorda una volta all’anno che gli altri animali sono all’inferno.
Lo sappiamo.
Noi siamo lì insieme a loro.
In trincea.
Tutti i giorni.
Quindi facciamo noi un appello straziante.
Questa volta.
A chi desidera portare in salvo animali: Sostenete i rifugi, che fanno questo ogni giorno.
Diventate volontari.
Donate.
Adottate a distanza.
Prendetevi cura di individui scampati a quell’orrore.
Incontrateli ogni giorno.
Accuditeli.
Date loro conforto.
Raccontate insieme a loro storie di libertà e bellezza.
Contribuite affinché i rifugi possano continuare ad esistere.
Cambiare ognuno di noi.
E il mondo.
Tutto attorno.
Non lasciateci soli.
Smettete di pensare che l’onere degli animali liberati possa gravare solo su pochi.
Dovrebbe essere una responsabilità collettiva.
Vorremmo tanto che fosse così.
Di tutti quelli che ci credono.
Che parlano e promuovono la liberazione animale.
Essa passa anche di qui.
Anzi, soprattutto di qui.
Venite a vedere.
Rendete possibile il cambiamento.
Prendetevi parte.

Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia