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Un ulteriore passo avanti sul lungo percorso verso il riconoscimento giuridico dei santuari

Abbiamo appena incontrato il Dottor Lecchini e lo staff della Direzione Generale Sanità e Benessere Animale del Ministero della Salute per un incontro relativo alla regolamentazione dei santuari.

Ed è uscito in Gazzetta Ufficiale un pacchetto di decreti con l’obiettivo di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento europeo 2016/429.

In particolare nel Decreto legislativo 134 del 5.08.22, che detta disposizioni in materia di riorganizzazione del sistema di identificazione e registrazione degli animali e delle strutture che li ospitano, all’articolo 2, comma z, sotto comma bb, per la prima volta si parla di stabilimento (non allevamento) con orientamento produttivo NON DPA per la detenzione di animali per finalità diverse dagli usi zootecnici e dalla produzione di alimenti.
Il comma z identifica il sistema informativo nazionale degli animali da compagnia (definito SINAC) come sezione della BDN (ovvero Banca dati degli animali così detti da reddito) in cui sono registrate le informazioni relative agli animali da compagnia.

E’ questo un ulteriore gigante passo verso il riconoscimento dei santuari non come allevamenti.

Cosa succederà ora

Il 12 ottobre torneremo al Ministero per confrontarci sulla redazione dei regolamenti attuativi di tali decreti.
Ci aggiorniamo quindi presto con importanti novità.

Il Riconoscimento Giuridico

Il nostro percorso col Ministero della Salute risale al lontano 2012.
Quando gli presentammo i santuari come una realtà esistente, di cui occorreva, necessariamente, che loro prendessero atto per fare in modo di risolvere la schizofrenia esistente e il vuoto normativo.

Dopo lunghe pressioni, richieste e proteste, nel 2012 la Rete dei Santuari promuove e partecipa ad un confronto con il Ministero della Salute per ottenere il riconoscimento giuridico dei Santuari come realtà diverse dagli allevamenti.
Vengono discussi principi, proposte, opportunità, ipotesi e criticità.
Il Ministero condivide le nostre istanze. La nostra richiesta è ottenere che i nostri ospiti non siano più considerati come carne che cammina, ma come individui unici al mondo e rifugiati. Da allora parte un percorso che ci ha portati ad esplorare mille soluzioni sia a livello regionale, tramite accordi stato-regioni, sia a livello centrale con l’intenzione di censire i santuari come strutture di accoglienza per animali da affezione al pari dei canili e gattili.
Proiettando finalmente, per la prima volta, fuori delle logiche produttive gli ospiti rifugiati e collocandoli nell’ambito da affezione.
Nel momento in cui ciò verrà raggiunto sarà un risultato straordinario e potrà fare da apripista anche a livello comunitario.

Come siamo arrivati fino a qui

Sono passati anni in cui si sono tentate molte strade e sono stati compiuti alcuni importanti passi verso il nostro obiettivo.
Sono stati recepiti i nostri punti centrali in bozze di lavoro, riunioni, incontri, carteggi.
Da poco è stato previsto in banca dati lo status di suini Non DPA.

Ci ha dato una mano, nostro malgrado, inconsapevolmente, l’emergenza sanitaria della Peste Suina Africana.
Il nostro intervento fermo.
Il vostro sostegno e le vostre proteste.
Tutto insieme.

Ora eccoci qui.
La meta è molto più vicina.
Ma non cantiamo vittoria.

La Rete dei Santuari di Animali Liberi

La Rete dei Santuari nasce dal basso, nel 2012, dalla volontà ed esigenza di alcuni santuari “senior” tra quelli storici e più antichi,
di confrontarsi su tematiche e difficoltà comuni, pratiche, organizzative, sanitarie e gestionali,
rendere più accessibili, con una logica di rete, risultati che per un solo santuario, soprattutto se piccolo, sarebbero impossibili e soprattutto con l’obiettivo di ottenere un riconoscimento giuridico.
Quest’ultimo punto nasce dalla necessità di superare un problema e una contraddizione fondamentale che abbiamo riscontrato, seppur con sfumature diverse, essere presente ovunque, non solo in Italia, ma negli altri paesi europei e del mondo ove sono presenti i santuari.
Ovvero tale contraddizione è che ciò che noi chiamiamo santuario per la normativa non esiste come tale ma si configura in tutto e per tutto come un allevamento.
Ciò evidentemente crea grandi difficoltà e non è accettabile.

Vediamo perché

  • ragioni Burocratiche-gestionali:
    essere considerati al pari di un allevamento crea enormi difficoltà burocratiche sia ai gestori dei santuari e agli attivisti – costringendoli a condurre procedure, effettuare profilassi o utilizzare modalità e logiche in alcune procedure (esempio la gestione del farmaco) che non hanno come fine il benessere dei soggetti ospiti, o del singolo individuo, bensì la tutela della salute pubblica,
    medesime difficoltà gestionali, pratiche e burocratiche vengono sperimentate dai controllori, veterinari pubblici, asl,- che dovrebbero condurre procedure spesso inapplicabili sugli animali liberi in santuario (e non bloccati in gabbie e spazi angusti come accade negli allevamenti) e quindi si trovano spesso costretti a derogare norme e regolamenti oppure in altri casi si impuntano ad eseguire accertamenti assurdi, perdendo tempo inutilmente in quanto tali procedure hanno come unico scopo di controllare la qualità dei prodotti nei quali potrebbero essere un giorno trasformati. Anche se ciò non accadrà mai.
  • motivo politico e strategico:
    Ovvero: noi non siamo allevamenti.
    Ma il loro esatto contrario.
    Non compriamo né vendiamo animali.
    Non li facciamo riprodurre.
    Non li utilizziamo in alcun modo.
    Non ricaviamo alcun reddito da loro anzi spendiamo per accudirli.
    Non vogliamo essere considerati allevamenti, ma vorremmo, semmai, che gli allevamenti cessassero di esistere.
  • motivo sostanziale:
    Fino a che gli ospiti dei santuari non saranno usciti dalla banca dati nazionale degli animali da reddito non saranno salvi fino in fondo, ma ancora considerati carne che cammina, carne da vendere al kg e in presenza di malattie, pandemie o piani di abbattimento rischiano di finire stritolati dagli ingranaggi del capitalismo e dalle logiche produttive molto più facilmente che se non fossero più considerati da reddito ma da compagnia.

Mappatura

Accanto al percorso per l’ottenimento di un riconoscimento dei santuari, esiste un quotidiano, fondamentale lavoro di costruzione, consolidamento e ampliamento della rete, conseguiti anche attraverso:
una continua mappatura del territorio per individuare ogni cm di terreno sottratto allo sfruttamento e restituito agli animali,
una gestione coordinata e continuativa delle emergenze sia a livello locale che nazionale, intervenendo per interrompere piani di abbattimento di animali, vendita all’asta degli stessi dopo i sequestri e attivando adeguati piani di ricollocamento degli animali in tempi ragionevoli o offrendoci direttamente come custodi giudiziari in caso di animali posti sotto sequestro penale o come soggetti atti a controllare il benessere degli animali fino a nuova sistemazione.

Sara d’Angelo
Attivista e fondatrice e Presidente di Vitadacani, responsabile del progetto Porcikomodi e referente della Rete dei Santuari di Animali Liberi.